Feste e lumiere per la canonizzazione di S. Giuliana Falconieri a Firenze nel 1738

Lo scrittore della Officina delle Notitie fiorentine (1736-1765) ricorda nel diario le feste della canonizzazione di Santa Giuliana Falconieri del 1738 e manifesta alla fine un po’ di nostalgia per una città dove le pubbliche manifestazioni erano sempre state ben fatte e piacevano e si duole infatti che “non se ne vede così spesso a’ giorni nostri”.
Il breve lamento aveva una sua giustificazione che era il motivo per il quale i cittadini non potevano fare a meno di ricordare tempi migliori e purtroppo ormai passati.
Dal punto di vista politico, era terminata l’epoca dei granduchi Medici, ai quali i fiorentini erano affezionati per il generoso mecenatismo, e al loro posto era giunta la nuova e straniera amministrazione lorenese meno prodiga di feste e doni. In aggiunta il granducato attraversava una crisi economica dovuta alla contrazione delle manifatture a favore della concorrenza europea, mentre il debito statale cresceva e clientelismo e corruzione ne appesantivano i carichi, contribuendo a povertà e a delinquenza.
Dunque “a’ nostri giorni” non c’era da stare allegri.

La canonizzazione di Santa Giuliana, forse giunta inaspettata, pertanto era stata apprezzata dai cittadini e ancora di più perché era stata promulgata da un fiorentino della antica nobiltà, Lorenzo Corsini, Clemente XII, voluto come papa di transizione, ma in dieci soli anni di governo rivelatosi mecenate generoso, riformatore, promotore di opere pubbliche. Il 16 giugno 1737, la data di canonizzazione, il papa si era ricordato della sua città proprio con tale ‘dono’ che aveva una sua finezza intrinseca e spirituale e si legava idealmente alla vita di modestia della stessa fanciulla dei Servi di Maria, fondatrice delle suore Mantellate, e devota alla Passione di Cristo. Soprattutto quando al momento della morte (1341), ridotta agli estremi e debolissima, l’ostia santa era penetrata miracolosamente nel suo cuore e le aveva dato “ristoro e conforto nell’agonia mortale” – come recita l’orazione nella liturgia della festa.
L’orgoglio provato dai fiorentini per la canonizzazione di una ‘sua’ santa da parte di un ‘suo’ papa si legge anche nella descrizione delle feste fatta dal canonico Giuseppe Brocchi (1761) e nel ricordo del cronista della SS. Annunziata il quale riportò anche le iscrizioni celebrative presentate al pubblico e delle quali abbiamo già parlato (“Impara a morire per imparare a vivere”, 2018-2023). Il ricordo dell’ Officina delle notitie invece è questo:

"Canonizzazione di Santa Giuliana Falconieri e pompa fatta colla descrizione di ciò che seguì in tale funzione.
Fu dalla santità di Nostro Signore papa Clemente XII, nostro concittadino annoverato nel catalogo de’ santi, Giuliana Falconieri, parimente nostra concittadina fondatrice del Terz’Ordine de’ Servi di Maria. Onde fu da’ padri della SS. Nonziata destinato il giorno per sollenizzare le glorie di detta santa con l’ottavario; il qual giorno cadde.
– A dì 24 agosto 1738 in domenica, e in primo luogo precedè il bando della festa con tutta la dichiarazione di quel che doveva farsi in questo suddetto giorno come appresso. Il bando fu mandato a bandire per la città solennemente il dì 19 prossimo passato. – Su l’hore 22 di detto giorno fu principiata la sollenne processione come s.
– Si radunò in Santo Spirito tutte le religioni consueti andare per il Corpus Domini a processione, coro e cleri; e partendosi da detto luogo si inviorno alla chiesa di San Felice in Piazza, con l’ordine come s.
– In primo luogo sei mazzieri a cavallo, ed indi gli due stendardi, che uno della Metropolitana e l’altro di Badia, e successivamente il segno, cioè il crocifisso della compagnia di San Filippo di su la piazza della Nonziata con dieci fratelli in cappa e incenso, e poi veniva i frati di Sant’Agostino di su la Costa con tutto il restante delle religioni come costumasi con l’ordine alle [macchia] processioni consuete, di poi le preterie con ordinanza solita, in ultimo i signori canonici e la compagnia di San Filippo Benizzi con 150 fratelli tutti con cappa e torcetto e con altri lumi portati da alcuni particulari.
Ne veniva portato lo stendardo di detta santa venuto di Roma, e levato in questo oggi dalla chiesa suddetta di San Felice in Piazza, le nappe dello stendardo erano tenute da gentiluomini e con il corpo di guardia di 120 soldati, che parte per la processione e parte a tutte le cantonate, cioè dal duomo fino alla Nonziata e parte su detta piazza acciò non intervenisse carrozze. E così arrivorno alla chiesa della SS. Nonziata dove entrato che fu lo stendardo in chiesa, fu dall’illustrissimo arcivescovo intonato il Te Deum qual fu proseguito da musici che, a più cori, era in ordinanza ed essendo finito fu dette le preci e l’orazione di detta santa e dato che fu la benedizione solita darsi dall’arcivescovo fu terminata la festa di questo primo giorno, quale finì a hore una di notte.
[A lato] Nota che dietro allo stendardo v’era i magistrati coll’offerta solita.

La pompa che fu fatta sì da’ padri di detta chiesa come per via de’ Servi e in piazza con il suono di tutte le campane della città è come s.
– In primo luogo fu in questo giorno ferie pienissime e sonò tutto il giorno le campane di Palazzo Vecchio e la sera vi fu i fuochi e furno ancora a’ luoghi pubblici.
– Dalle hore 22 fino alle 24 sonò tutte le campane della città e per le case di moltissimi si vedeva fuochi, particolarmente in via de’ Servi erano fuochi ad ogni casa di poveri come di ricchi e ciò in bellissima ordinanza. La piazza dei detta chiesa era col presente ordine.
– Le loggie de’ Nocenti, come quelle dirimpetto, erano con padiglioni assettate e nel mezzo di ciascuno pendeva una lumiera di cristallo. Le loggie della chiesa venivano adorne di setini cioè gl’archi, con lumiera di cristallo. Le pareti di sotto le logge erano parate di setini e arazzi in vaghissima foggia con tre cartelli di belle lettere che spiegavano le glorie del soggetto.
Sopra gl’archi di dette venivano con festoni di legnio dipinti, adornata la prospettiva con cinque arme, cioè quelle del papa, quella del granduca, quella della santa e quella della religione col’ordinanza appunto che nello stendardo di detta santa si vede, e sopra il tetto v’era fatto il ballatoio di legniami e tela dipinta. Onde tale ordinanza di festa rendeva a’ rimiranti un vago vedere, particolarmente i lumi che le sere che i fuochi erano accesi quali durorno tre sere sì di luminarie, come fuochi artifizziati e altro.

In chiesa poi fecero grandissima festa, onde tutto quel che formava attorno la cassa ove era il corpo di detta santa, occupava il coro sì di altezza come per larghezza architettata dal signor Saller, con infinità di lumi che per tutta la chiesa splendevano durando tal festa per giorni otto, la mattina cantavano terza e poi il panegirico, indi la messa cantata a più cori di musici ed il giorno il vespro cantato similmente; è sempre accesa ogni cosa la onde per quanto s’è potuto indaghare aviamo trovato che la spesa della cera ascenda a scudi 1400 e il corso di detta festa in tutto scudi 5000, festa in vero che non se ne vede così spesso a’ giorni nostri”.

Paola Ircani Menichini, 31 gennaio 2025. Tutti i diritti riservati.




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